La terra dei fuochi “spunti emergenti, scienza e prospettive di salute”

Alla fine del 2013, su Cancer Biology and Therapy e’ stato pubblicato un lavoro della fondazione Pascale sulla tendenza di mortalità tra il 1988 ed il 2009 nelle aree metropolitane di Napoli e Casertaterra in cui tra i diversi dati epidemiologici riportano un incremento percentuale del tumore polmonare del 68% per Caserta, più del 100% per Napoli rispetto al “solo” aumento del 41% per l’Italia. L’analisi di regressione dei risultati fa notare che l’aumento percentuale dei tumori è del 28,4% per gli uomini a Caserta e del 47% a Napoli, mentre per le donne è rispettivamente del 32,7% e del 40% (9).

Quindi, si può rispondere positivamente ai quesiti sull’incidenza dei tumori e della mortalità nei territori Campani, essendo maggiore della media italiana. Serve, ovviamente, un rigore scientifico ed una mappa dei siti inquinati. Sappiamo di numerosi cancerogeni presenti cui si aggiunge l’inquinamento determinato dalle diossine, ma il pericolo maggiore consiste nell’inquinamento della falda acquifera legato agli sversamenti illeciti (metalli pesanti).

Crediamo a questo punto importante elaborare i dati Istat sull’aspettativa di vita, con un confronto tra le province Campane e la media Italiana. Infatti nel 1992 la media Italiana di aspettativa di vita (maschi) era di 74 anni mentre nel 2010 è diventata di 79.4 anni. In Campania si è passati dai 73.2 ai 77.8 anni quindi da un meno 0.8 ad un raddoppio di meno 1.6. Nella tabella 1 allegata si vede come si sono comportate le province Campane, tutte ormai in negativo, mentre in precedenza Avellino, Benevento e Salerno erano in positivo rispetto alla media italiana.

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Da poco si è ritornati sui rischi connessi con l’esposizione all’amianto e si è analizzata la vicenda dell’Isochimica di Avellino con l’obiettivo di bonificarla per evitare la contaminazione da amianto di altre persone. La comunità scientifica era al corrente della pericolosità dell’amianto e sia i politici che gli imprenditori erano informati dei suoi rischi. Nonostante tutto il lavoratore veniva considerato un essere vivente al servizio di aziende cui era importante soltanto il proprio tornaconto.

Bisogna prima bonificare il territorio, ricco di sostanze pericolose e materiali tossici, come il cromo esavalente, metallo usato in siderurgia come antiruggine, ma con proprietà mutagene e cancerogene.

I dati in Campania ci sono e sono spaventosi, sia quelli attestanti un elevato incremento di mortalità per cancro (rispetto ad altre regioni), sia quelli attestanti una gravissima compromissione ambientale. Tentare di non correlarli significa mancanza di buon senso.

Un consiglio agli “esperti”: lascino perdere i bizantinismi statistici e gli “stili di vita”, e si concentrino solo sulla vita: quella delle persone di questa Regione che lo Stato deve tutelare. Un primo passo per farlo sarebbe quello di cominciare a dirci la verità.

Restano gli sversamenti abusivi di rifiuti urbani e industriali soprattutto in periferia, a partire dalle strade a scorrimento veloce, nelle rampe di immissione, a due passi dai comuni virtuosi della differenziata, sotto ogni ponte, in ogni notte. Il fumo acre che si respira sull’autostrada appena si varca il confine della sterminata periferia di Napoli è più eloquente di ogni cartello. E allora hai voglia a parlare di protocolli d’intesa, di accordi, di task-force e polizia ambientale. Ci vuole una strategia, ci vuole sorveglianza continua e attenzione massima di tutti e di tutte le forze in campo. E, invece, c’è la sostanziale indifferenza e anche la malafede e la mistificazione.

I roghi incontrollati e il tombamento di metalli pesanti, amianto, cadmio, continuano, come se nulla fosse, nella nostra regione dove si continuano ad inquinare falde acquifere e prodotti agricoli.

Adesso è necessario fare prevenzione. Bisogna chiudere il rubinetto degli sversamenti e quindi successivamente pensare alla bonifica, senza però affidarsi agli stessi esperti che hanno avallato tutto l’attuale disastro.