Un pensiero sull’amico Giulio Tarro, della Professoressa Giovanna Scarsi:

Giulio Tarro – “La medicina è Vita – -essere medico nell’era della globalizzazione”.                                                                                                                                    I Martedì scientifici furono inaugurati a Salerno nel 1992 da Rita Levi Montalcini con una manifestazione sulla sclerosi multipla cui seguirono annualmente convegni ed incontri sulle emergenze oggi, a cura di fisici quali Edoardo Caianiello, medici e politici illustri e scienziati quali Giulio Tarro. Anche quest’anno l’illustre scienziato inaugura i Martedì scientifici con il suo volume “La medicina è la Vita – Essere medico nell’era della Globalizzazione”. Ciò ancora una volta vuole significare che la CULTURA è una ed unitaria nella pluralità degli oggetti e nel pluralismo delle ideologie e delle metodologie quando e se pone al centro l’UOMO come persona e la sua dignità e l’ETICA come valore e religione laica o cristiana, non importa. Tanto quanto vanificare alcune sterili polemiche su presunte dicotomie fra cultura scientifica e cultura umanistica che ancora ritornano nei dibattiti odierni. Ad unificare i titoli, le pubblicazioni innumerevoli e la geografia internazionale dell’impegno professionale e civile dell’illustre virologo è la sua persona che si impone da sola con l’umanità dei veri grandi, aperta al dialogo ed al confronto.

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“La Medicina è la Vita” è innanzitutto un florilegio umanistico non solo per l’eleganza di una scrittura essenziale e comunicativa per tutti, ma perché si intravede l’orizzonte di un vero umanesimo della scienza in cui davvero la medicina si pone – come dovrebbe essere – a servizio dell’umanità, soprattutto in una città dove la tradizione della Hippocratica Civitas è o dovrebbe essere testo messianico. Tanto quanto si evidenza nel concorso e nel successo delle Giornate Mediche sulla Scuola Medica Salernitana, tenutasi all’Ordine dei Medici con la presidenza di Bruna Ravera.                                                                                                          Il libro ancora una volta conferma che la vera rivoluzione scientifica operata da Tarro è avere imposta nella ricerca scientifica i valori dell’eticità e della religiosità, richiamando alla dimensione verticale, alla proiezione dell’essere umano verso il trascendente, tanto necessario nel buio dei tempi che attraversiamo. Basti ricordare tutte le battaglie sostenute da lui quale presidente del comitato di bioetica, la lotta contro la strumentalizzazione dell’animale nei laboratori di ricerca che spesso sacrificano bestiole ad obiettivi solo di ambizioni caratteristiche accademiche, la Fondazione per la ricerca sul cancro “Teresa e Luigi de Beaumont Bonelli” nella sua casa di Posillipo di cui è presidente a vita, volta a sostenere i giovani studiosi ed ad offrire supporti di assistenza e di consulenza e di prevenzione. Fondamentali i sui contributi su “Medicina e letteratura”, “Scienza e fede”, “Medicina e fede”, il testamento biologico e l’eutanasia etc. di cui hanno beneficiato i nostri convegni ed incontri con i giovani. La problematica dell’ambiente occupa da sempre i suoi studi, essendo egli stato anche Presidente del “Centro Campano tecnologie ed ambiente”. Con tutta la passione civile di un “napoletano di adozione” egli afferma che occorre bonificare prima le coscienze e poi l’ambiente e richiama coraggiosamente l’etica della responsabilità nell’esercizio, in particolare, della professione medica che oggi purtroppo vive una profonda crisi esistenziale.                                                                  Da qui muove l’obiettivo del convegno: per e verso un umanesimo della medicina. Si, perché questo volume ancora una volta ci conferma in Giulio Tarro un esempio di vita straordinaria che riesce ad unificare teoria e prassi, scienza e religione, letteratura, arte e medicina, in una dimensione di autentico umanesimo integrale che in lui è categoria intellettuale e comportamentale e si traduce in un canto di meraviglia e di stupore ed in un inno alla Vita, pur nella contemplazione del DOLORE. Si, perché la vita e l’opera di Giulio Tarro sono state e sono una celebrazione del divino nel mondo ed una preghiera di ringraziamento al creato in cui il cuore sottende la mente che pure si interroga ed interroga senza dare risposte.